venerdì 22 febbraio 2013

DJANGO UNCHAINED

(Django Unchained) Di Quentin Tarantino. Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington. USA 2012. Western, 165 min.

Un cacciatore di taglie tedesco, King Schultz, necessita dell'aiuto di uno schiavo nero di nome Django per scovare tre fratelli che l'autorità vuole "dead or alive". Sbrigata la faccenda, Schultz regala la libertà a Django ma, scorgendone le doti di gran pistolero, gli propone di diventare suo socio in affari. Nasce così un redditizio sodalizio tra i due. Al termine dell'inverno, la collaborazione dovrebbe terminare, ma Schultz decide di aiutare Django in un'ultima, rischiosa, impresa: liberare sua moglie Broomhilda dalle grinfie di un viscido negriero.
Ennesimo capolavoro di Tarantino o filmetto che giova più che altro del tam-tam dovuto alla fama del suo creatore? "Django Unchained", cui prende nome dal "Django" italiano di Corbucci datato 1966, ma che non ne condivide pressocché niente a livello narrativo (se non un cameo di Franco Nero), è la prova meno tarantiniana di Tarantino. I momenti pulp sono limitati ad alcune scene concentrate soprattutto nel finale, e anche quelle sue famose discussioni-divagazioni paradossali tra protagonisti sono meno ravvisabili. Forse il regista si è sentito imbrigliato un po' dal genere? Ciò nonostante, un film di Tarantino, per essere notevole, non deve per forza trascinarsi dietro determinati marchi di fabbrica. "Django Unchained" rende onore al western contemporaneo, e lo fa ponendo al centro delle vicende, in modo quanto mai innovativo, un personaggio di colore. E' una critica, costellata da sparatorie, frustate e Sigfridi neri, a una società che, infondo, conserva un certo razzismo latente. Tarantino si destreggia sempre bene tra citazioni e gag fuori tempo, e inutile dire che è un maestro quando si tratta di tener alta la tensione, in modo da far scorrere agevolmente quasi tre lunghe ore (forse con qualche ricaduta centrale). Poco da opinare sopra un cast ineccepibile, dove si conferma, dopo i "Bastardi", il magistrale tedesco Waltz, e si gode un Di Caprio in un personaggio abbastanza nuovo rispetto al suo repertorio. Musiche e scenari danno fascino al fondo di questo dipinto western. C'è poco da fare: se si prende come metro di misura "Pulp Fiction" o "Le Iene", è inevitabile che i successivi lavori di Tarantino deludano, ma se si prende come metro di misura il film del panorama attuale medio, i lavori di Tarantino giganteggiano. Non è solo, per tanto, tam-tam. Alla fine, poi, se si considerano i litri di sangue finto utilizzati e la scena in cui Tarantino-attore si fa saltare in aria....diciamo che "Django Unchained" è meno tarantiniano delle opere anteriori, ma mica poi così tanto...

★★★★☆
4/5


lunedì 18 febbraio 2013

FLIGHT

(Flight) Di Robert Zemeckis. Con Denzel Washington, Don Cheadle, Kelly Reilly, John Goodman. USA 2012. Drammatico, 138 min.

Whip Whitaker è un comandante di aerei di linea apparentemente tutto d'un pezzo. In realtà, Whitaker soffoca i propri problemi familiari nell'alcol e nella droga. Una mattina come tante, l'aereo che pilota soffre una drammatica avaria e si schianta, ma grazie alle sue eccezionali doti di pilota, riesce a limitare miracolosamente il numero delle vittime. Whitaker cerca di dare un taglio alle cattive abitudini, ma una commissione d'inchiesta sull'incidente indaga sul suo oscuro passato. La paura di subire una condanna, misto ad un senso di colpa latente, fa piombare il comandante di nuovo nel baratro della dipendenza.
I film sulla dipendenza da sostanze stupefacenti non sono certo una novità, potremmo parlare di un genere cinematografico a sé stante. In questo "Flight" di Zemeckis, semmai la novità sta nel mettere al centro del travaglio niente meno che un pilota d'aerei. I cliché, poi, sono quelli: i tentativi di smettere andati a male, l'uomo solo contro tutti, la bella di turno che piomba lì, all'improvviso, nella vita del nostro anti-eroe. D'altronde, ci sono punti notevoli: l'incidente iniziale è una ben condotta scarica d'adrenalina (peccato sia l'unica), e Zemeckis gestisce benissimo un film che alterna momenti 'adulti' a tratti più scanzonati. E poi, ovviamente, c'è Denzel, in un personaggio che si squaglia piano piano, fino a un pianificato "harakiri" finale. Un sollazzo, da aggiungere, il vecchio John Goodman.

★★★*☆☆
3,5/5


martedì 12 febbraio 2013

CLOUD ATLAS

(Cloud Atlas) Di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski. Con Tom Hanks, Halle Berry, Hugh Grant, Hugo Weaving. Germania 2012.  Fantascienza, 172 min.

Sei epoche diverse, sei storie connesse tra loro da una trama che ha per fili amore, virtù, umana follia e reincarnazione. La lotta contro la schiuavitù di un avvocato, la passione di un giovane compositore, la sete di verità di una giornalista scomoda, le peripezie di un vecchio editore, la scoperta dei sentimenti di una clone, le paure di un uomo nuovo di una società post-apocalittica. Tutti protagonisti che brancolano nel buio, ricercando una libertà che innalzi le proprie ambizioni e disperda un incessante timore per lo sconosciuto, per la morte.
Progetto indipendente colossale, nato dall'unione degli sforzi di Tykwer e del duo Wachowski, meglio conosciuti come i fratelli-Matrix. In quasi 3 ore di spettacolo, le sei storie paiono ficcate più dentro un frullatore che dentro un film. Il saltare ogni 3-4 minuti da un epoca all'altra può disorientarci non poco, ma prestando un minimo di attenzione, "Cloud Atlas" non cela poi questi significati tanto ermetici. Si tratta solo di un gioco con personaggi reincarnati, dove alcuni elementi riemergono, di quando in quando, dalle acque delle vicende separate sul piano temporale. Le prime quattro di fatto hanno ben poco di originale, mentre le due 'futuristiche', dove guarda caso pare che gli Wachowski si muovano a loro agio, mettono in mostra idee più seducenti. Peccato che, data la mole di eventi da narrare, tali idee non vengano poi più di tanto sviluppate. Piacevole vedere la metamorfosi che colpisce, allo sfogliare il calendario, la parata di star, che va da Hank alla Berry, fino a Grant. Nulla di rivoluzionario, se non un curioso esperimento con qualche buona trovata.

★★★☆☆
3/5

mercoledì 6 febbraio 2013

7 PSICOPATICI

(7 Psychopaths) Di Martin McDonagh. Con Colin Farrell, Sam Rockwell, Woody Harrelson, Christopher Walken. USA 2012. Grottesco, 105 min.

Marty è uno sceneggiatore irlandese alcolizzato che vive un momento di blocco creativo. Suo malgrado, rimane coinvolto in un losco giro di rapimenti canini (!) messi in atto dal fidato amico Billy, e dal misterioso Hans, la cui moglie è ricoverata per un tumore. Billy crede che da queste rocambolesche vicende, Marty riuscirà a trovare ispirazione per il suo pezzo. Peccato che l'ultimo cane rapito sia di proprietà di un mafioso locale, e che intenda riprendersi con metodi poco ortodossi il cucciolo, e far pagare a caro prezzo la bravata alla combriccola.
McDonagh aveva felicemente impressionato già con "Bruges" qualche anno addietro, con una miscela di noir, sangue facile e umorismo spietato che tanto ricordava i Coen. Ripropone la formula in questo "7 Psicopatici", seppur con meno classe rispetto al precedessore. Di fatti, vorrebbe essere una originale parodia del film americano criminale/azione, ma finisce con l'essere una ennesima parodia del film americano criminale/azione. I personaggi soffrono delle forzature di sceneggiatura e della comicità a tutti i costi (notevoli almeno una manciata di battute di Billy, comunque). Svetta, senz'altro, il ruolo metafisico, paradossale, di Walken, vero punto d'interesse del film, sia per significato intrinseco che per interpretazione. Spruzzando sangue dove meno te l'aspetti, ha provato a fare il suo "Grande Lebowski", McDonagh. Non ci si è andato molto vicino, ma il tessuto ci sarebbe stato. Vediamo al prossimo giro di boa....
PS: C'è anche una piccola parte per Tom Waits.

★★*☆☆☆
2,5/5



lunedì 21 gennaio 2013

AMERICAN GANGSTER

(American Gangster) Di Ridley Scott. Con Denzel Washington, Russell Crowe, Josh Brolin. USA 2007. Drammatico, 157 min.

Alla fine degli anni '70, il padrino nero di Harlem, Bumpy Johnson, muore, e a succedergli è nientemeno che il suo autista, Frank Lucas. Inizialmente bistrattato dai "colleghi", Lucas azzecca la mossa di procurarsi eroina da spacciare in Vietnam, in piena stagione di conflitto. Lucas, la cui vita è apparantemente pulita e rigorosa, diviene uno dei più potenti boss della droga a NY. Sul suo traffico si getta un perspicace detective dalla vita familiare burrascosa, Richie Roberts. Nemmeno lui sospetta che al vertice vi è proprio Lucas.
Un buon mafia-movie, in salsa black, per l'affermato Mr.Scott. Se sul lato tecnico, poco si può discutere l'abilità del veterano regista, qualche nodo viene al pettine per quanto riguarda la scorrevolezza della traccia, che rischia di impantanarsi un po' nel mezzo (durata eccessiva?). Lacune che vengono tappate dai buon Denzel e Russell, che danno vita ad una partita a scacchi  Yin VS Yang. E' forse questo il lato più fascinoso. Lucas e Roberts quasi si complementano, l'uno ha le qualità e i difetti dell'altro, e si confrontano a piccoli e ponderati passi, al bordo della nevrosi. Alla fine si rendono conto che al di là di una apparente, incolmabile distanza, sono più vicini tra loro che ai propri "fidati". Uso della violenza misurato, ma spietato.

★★★*☆☆
3,5/5



giovedì 17 gennaio 2013

LA TERRA SILENZIOSA

(The Quiet Earth) Di Geoff Murphy. Nuova Zelanda 1985. Fantascienza, 95 min.

Una mattina come tante, lo scienziato Zac Hobson si sveglia e si prepara per andare a lavoro. Ma qualcosa, là fuori, non torna. Le strade sono deserte. I ristoranti, i negozi, le fabbriche, vuoti. Zac Hobson si rende presto conto di essere l'ultimo essere umano rimasto sulla Terra, a causa di uno sciagurato esperimento scientifico della propria compagnia. Ma perché lui è ancora qua? Ed è veramente l'unico a respirare ancora l'aria del pianeta?
Bizzarro film di fantascienza dagli effetti, montaggio e fotografia tipicamente anni 80, e tipicamente low-cost. Il regista punta tutto su un egregio protagonista (che se la cava con disinvoltura, reggendo da solo gran parte dell'interpretazione della pellicola) e sul mistero che aleggia nella trama, la sensazione di un baratro a due passi. Ciò che però gli preme di più, è analizzare la natura umana allo stato brado, scandagliare la psiche di 3 uomini primitivi lanciati al bordo dell'Apocalisse. Trionfa la forza bruta o l'intelletto? La natura o la scienza? Anche questo è da leggere soggettivamente, nell'interrogativo finale. La solitudine di Zac è quella, comune, di una società vittima del progresso che essa stessa ha instaurato. Senza bisogno di catastrofi epocali.

★★★★☆
4/5





martedì 18 dicembre 2012

L'ULTIMO RE DI SCOZIA

(The Last King of Scotland) Di Kevin Macdonald. Con Forest Whitaker, James McAvoy, Gillian Anderson. Gran Bretagna 2006. Drammatico, 122 min.

Giovane neolaureato in medicina, per fuggire da un oppressivo padre, lascia la Scozia e si lancia in un'avventurosa esperienza come medico volontario in Uganda. Sul Paese africano soffiano però venti di cambiamento: un colpo di stato sovverte i vertici governativi, e il generale Amin Dada diviene il nuovo presidente. Lo scozzese ne fa per caso conoscenza e finisce con l'essere il suo fido consigliere. Inizialmente entusiasta, conoscerà il subdolo effetto che provoca il potere sulla mente dell'uomo.
Negli anni 70, Amin Dada destituì l'allore Presidente ugandese Obote, trasformandosi per circa 10 anni in uno dei più spietati dittatori africani. Il film si ispira a tali vicende, sebbene gli aneddoti del plot siano chiaramente levigati per far sì che siano a misura di cinema. Credibile o meno, a Macdonald riesce bene la metamorfosi oscura dell'opera, da iniziale favola d'avventura a finale abominio delle umane gesta, senza apparenti pause narrative. Ma il vero spettacolo è Forest Whitaker, che incarna a perfezione la deriva psicologica di un personaggio così grande, così piccolo. E pare quasi dirci: anche l'uomo più potente del mondo, alla fine, si siede sulla tazza del cesso.

★★★*☆☆
3,5/5