martedì 18 dicembre 2012

L'ULTIMO RE DI SCOZIA

(The Last King of Scotland) Di Kevin Macdonald. Con Forest Whitaker, James McAvoy, Gillian Anderson. Gran Bretagna 2006. Drammatico, 122 min.

Giovane neolaureato in medicina, per fuggire da un oppressivo padre, lascia la Scozia e si lancia in un'avventurosa esperienza come medico volontario in Uganda. Sul Paese africano soffiano però venti di cambiamento: un colpo di stato sovverte i vertici governativi, e il generale Amin Dada diviene il nuovo presidente. Lo scozzese ne fa per caso conoscenza e finisce con l'essere il suo fido consigliere. Inizialmente entusiasta, conoscerà il subdolo effetto che provoca il potere sulla mente dell'uomo.
Negli anni 70, Amin Dada destituì l'allore Presidente ugandese Obote, trasformandosi per circa 10 anni in uno dei più spietati dittatori africani. Il film si ispira a tali vicende, sebbene gli aneddoti del plot siano chiaramente levigati per far sì che siano a misura di cinema. Credibile o meno, a Macdonald riesce bene la metamorfosi oscura dell'opera, da iniziale favola d'avventura a finale abominio delle umane gesta, senza apparenti pause narrative. Ma il vero spettacolo è Forest Whitaker, che incarna a perfezione la deriva psicologica di un personaggio così grande, così piccolo. E pare quasi dirci: anche l'uomo più potente del mondo, alla fine, si siede sulla tazza del cesso.

★★★*☆☆
3,5/5

sabato 8 dicembre 2012

L'ULTIMO SPETTACOLO

(The Last Picture Show) Un film di Peter Bogdanovich. Con Jeff Bridges, Ellen Burstyn, Timothy Bottoms. USA 1971. Drammatico, 120 min.

Anni 50. In una piccola cittadina americana chiamata Anarene, si consumano le ultime vicende adolescenziali di due amici per la pelle. Storie di donne, balli di classe, bagordi notturni, tiri mancini a compagni meno svegli. Ma l'età adulta bussa, inesorabile, alle loro porte, e la serenità lascia il posto alle incertezze, al vuoto di una realtà cruda, completamente distante da quella che proietta il cinema della città.
E' un mesto, ma vibrante, ritratto della noia di paese di campagna americano, probabilmente attuale ancor oggi a distanza di 40 anni. Ma per Bogdanovich è l'arma perfetta per suscitare nostalgia, rimpianti, domande senza risposta. "Dove mi trovo adesso? Cos'è questo vuoto? Quale strada devo imboccare?". La fine della giovinezza suona quanto mai a campane a morto, in quel di Anarene. I giovani Bridges e Bottoms danno l'impressione, volenti o nolenti, di non saper cosa combinare delle proprie vite anche al di là del set cinematografico. L'eccellente bianco e nero, la fotografia, fermentano il dolce sapore di questi glory days.

★★★★*☆
4,5/5