lunedì 31 gennaio 2011

CONVOY - TRINCEA D'ASFALTO

Di Sam Peckinpah. Con Burt Young, Ernest Borgnine, Kris Kristofferson. USA 1978. Avventura, 110 min.



Un virile camionista, detto Anatra di Gomma, rimane coinvolto in una rissa tra alcuni compagni e prepotenti poliziotti. Stufo delle continue angherie di quest'ultimi, si mette a capo di una protesta per tutelare la propria categoria. Nel giro di breve, un lungo convoglio di autocarri serpeggerà per le autostrade degli Stati del Sud.
Probabilmente l'idea di Peckinpah era quella di costruire un 'Easy Rider' in versione camionistica, un inno all' "american freedom" con un soggetto principale alternativo rispetto a quelli classici, come appunto il motociclista o il ragazzo in crisi d'identità. Ma si fa presto a dimenticare questo notevole intento, tra scazzotate grossolane e incidenti inverosimili, soprattutto se poi la trama risulta così carente di continuità, quasi fosse fatta a pezzi ricuciti assieme. A ben vedere, si riesce ad arrivare alla fine del film grazie alla simpatia dei personaggi principali e una serie di battute sì volgarotte ma comunque d'impatto assicurato. Di Peckinpah c'è di molto meglio a giro.

★★*☆☆☆
2,5/5

martedì 25 gennaio 2011

LA LEGGENDA DEL RE PESCATORE

Di Terry Gilliam. Con Robin Williams e Jeff Bridges. USA 1991. Commedia, 137 min.



Jack Lucas è un famoso speaker radiofonico newyorkese dallo stile decisamente graffiante. Un giorno, durante uno dei suoi show, spinge involontariamente uno squilibrato a compiere una strage. Jack, in crisi, decide di ritirarsi. Due anni più tardi, sul punto di uccidersi, conosce Parry, un barbone con la mania delle storie medievali. Jack scopre che Parry era marito di una delle vittime di quella vecchia strage e, spinto dal rimorso, decide di aiutarlo in un'impresa paradossale: impossessarsi del Santo Graal.
Fiaba metropolitana del visionario Terry Gilliam (ex-Monty Phyton), curioso intreccio di amicizia, amore, leggenda, follia. O forse pastrocchio? Da metà film in poi non si riesce a capire dove voglia veramente indirizzarsi la storia e, offuscata da chissà qualche smanceria dolciastra di troppo, assume una piega labirintica. Lo sbocciare e il fiorire dell'amicizia tra Jack e Parry è ad ogni modo toccante e spassoso, e la mano di Gilliam si vede e come, grazie ad inquadrature acrobatiche, che sono quasi un suo marchio di fabbrica. Azzeccate quelle comparse borderline vicine a Parry; più in chiaroscuro alcune scene oniriche, fin troppo fanciullesche. La conquista del Santo Graal costituisce la liberazione di Jack dai demoni che infestano la frenetica vita dell'uomo metropomoderno: trovata di per sè non originale, ma pianificata certamente in modo fantasioso. Bridges piattino, e un Williams più clownesco gli ruba facilmente la scena. Simpaticamente rocambolesco.

★★★☆☆
3/5

lunedì 24 gennaio 2011

IL POSTINO

Di Massimo Troisi e Michael Radford. Con Massimo Troisi, Philippe Noiret, Maria Grazia Cucinotta. Italia 1994. Drammatico, 100 min.



Pablo Neruda, celebre in tutto il mondo per le sue poesie e per il suo impegno politico, esiliato dal Cile, suo paese natale, trova accoglienza in una piccola isola del Sud Italia. Per far recapitare le numerose missive che giungono dagli ammiratori del poeta, viene assunto come postino Mario, giovane disoccupato, praticamente analfabeta. Venuta meno la patina di formalismo, i due entrano in confidenza, e Neruda insegna a Mario l'arte dello scrivere e dell'amare.
Popolare per essere l'ultimo film di Troisi prima della sua morte, merita di essere ricordato anche per un innegabile valore artistico. Giostra di emozioni, dovuta in larga parte ad un tenero Troisi, perfettamente calato nel personaggio, e ad un maestro come Noiret, il regista gioca la carta vincente di un paesaggio che si combina a genio con quello che è poi il tema principale della pellicola: ovviamente la poesia. Poesia che impregna fortemente ogni attimo dell'opera, da una casetta sperduta sui monti, fino alle reti dei pescatori. Ma è anche eccellente nel raccontare un popolo, quello italiano, che cerca di rialzarsi dopo il tremendo conflitto, sempre comunque ancorandosi ai propri usi e costumi. Semmai incide meno quel lato politico del film, che non arriva a dove forse si avrebbe veramente voluto. La Cucinotta è degna erede della Loren, sfortunatamente solo sotto il profilo fisico. Toccante.

★★★★☆
4/5

venerdì 7 gennaio 2011

IO E ANNIE

Di Woody Allen. Con Woody Allen e Diane Keaton. USA 1977. Commedia sentimentale, 94 min.



New York. Alvy Singer è un comico quarantenne di successo, con alle spalle due matrimoni naufragati. Un giorno, durante una seduta di tennis, conosce Annie Hall, una ragazza di campagna di recente trasferitasi a NY. Ed è subito passione. Quando la loro storia termina, Alvy cade in depressione, e comincia a farsi domande sul senso dell'amore e, più in generale, della vita.
"Io e Annie" rappresenta probabilmente uno dei picchi creativi della produzione dello storico commediografo americano, nonché vera e propria Bibbia per tutti i giovani registi che si accingano a girare un film dello stesso genere. Ma definirlo 'commedia sentimentale' sarebbe di per sé riduttivo, poiché il dramma di Alvy è semplicemente il pretesto col quale il Woody-pensiero può inondare, con piglio autobiografico, gli svariati campi, tanto cari all'autore: la psicanalisi, la sessualità, la frenesia della vita moderna, l'amore per la Grande Mela. Quasi un manifesto artistico, tanto da far apparire, a tratti, la love-story come una faccenda di secondo piano. Suggellata da una vera e propria 'smitragliata' di battute di Allen (impossibile tenerne conto di tutte), la non lineare struttura narrativa, smontata, riaddrizzata, illuminata da bagliori di flash-back, si dimostra fortemente avanti coi tempi. E la Keaton, in tale contesto, è la ciliegina sulla torta, con la sua grazia acqua e sapone e con una spontaneità da rossore sulle guance, ma forse un tantinello stereotipata nel suo essere campagnola (degno di menzione anche il doppiaggio italiano di Melina Martello). Esprimersi sul significato che dà all'amore Woody Allen, utilizzando come parametro solo questo film, è probabilmente riduttivo, ma se si vuol proprio tracciare un quadro, esso allora ci raffigura un'esistenza che difficilmente può essere vissuta a pieno senza la costante ricerca della propria controparte sentimentale. Poco vale se la relazione, pur dai primi battiti, appare destinata al fallimento: un ciclo si chiude e, tra terremoti, saette ed esplosioni, se ne riapre necessariamente uno nuovo. Così è la vita, e rifiutare questa impostazione significherebbe lasciarsi morire sotto un ponte dimenticato. Curiosa la carrellata di comparsate celebri, da Paul Simon a Christopher Walken.

★★★★*☆
4,5/5

martedì 4 gennaio 2011

CODICE D'ONORE

Di Rob Reiner. Con Tom Cruise, Demi Moore, Jack Nicholson, Kevin Bacon. USA 1992. Drammatico, 138 min.



Due marines della base di Guantanamo a Cuba vengono accusati di omicidio nei confronti di un fragile compagno d'armi. La loro difesa, davanti alla corte marziale, è affidata ad un avvocato della marina in erba, Daniel Kafee. Con l'aiuto del suo superiore, il capitano Joanne Galloway, scopre che l'evento fu scaturito da un ordine superiore, un cosiddetto 'codice rosso', un provvedimento disciplinare sopra le righe. E alla cima della piramide, vi è niente meno che il colonnello della base, Nathan Jessep.
Carrellata di star, forse un tantinello superflua, per classico intrigo in tribunale dalla variante militaresca. Variante ben fortunata, visto che la trama non brilla particolarmente in originalità, ma è proprio il certosino lavoro sull'ambiente, sulla prassi, sui dettagli del mondo della Marina Americana a dar tono all'opera. Spingendosi a mettere il dito nella piaga del confine tra obbedienza verso sè stessi e obbedienza verso i superiori. Jack Nicholson, in 20 minuti scarsi, riesce a demolire i comunque quotati colleghi con una memorabile performance (che gli valse la candidatura all'Oscar come miglior attore non protagonista), divenendo invero l'attrazione principale, a scapito di investigazioni probatorie e arringhe. E Cruise, non può che osservare a bocca spalancata.

★★★☆☆
3/5

lunedì 3 gennaio 2011

MASTER & COMMANDER - SFIDA AI CONFINI DEL MARE

Di Peter Weir. Con Russell Crowe e Paul Bettany. USA 2003. Avventura, 132 min.


L'epica battaglia, nei mari lontani del Brasile, tra due navi da guerra del XIX Secolo: l'inglese Surprise, capitanata da Jack Aubrey, e la ben più potente francese Acheron. Una sfida che scotta, il quale esito non potrà che lasciar segno nel conflitto napoleonico che sconvolge l'Europa, all'altro capo del pianeta. Una sfida che scotta, come quella tra i due modi di interpretare la vita dei due amici-nemici capitan Aubrey e medico di bordo Maturin: l'una dall'approccio più focoso e battagliero, l'altro più razionale e contemplativo. Ma è un binomio non necessariamente impossibile, e che può invece portare al trionfo.
Kolossal da 150 milioni di dollari, diretto dal navigato maestro Weir. Certamente maestoso, è una pellicola che può dare un'idea meno scanzonata e più realistica di una battaglia navale dell'800, rispetto a quelle dei pirati caraibici di Johnny Depp. Aimè, se ne perda però in divertimento. Qualche punto morto di troppo rischia di far sprofondare lo spettatore nella poltrona, mentre le battaglie sono talmente travolgenti che risultino perfino confusionarie. C'è un grande capitan Crowe, gagliardo, in forma 'Gladiatore', che riporta la tenuta del film in acque tranquille. Più gracilino Bettany, ma la trovata della gita alle Galapagos è un diversivo che funziona, con tanto di beneplacito per l'occhio. Ambizioso dipinto della vita di ciurma, riesce a mantenere le premesse solo in parte.

★★★*☆☆
3,5/5