giovedì 28 giugno 2012

IL DITTATORE

(The Dictator) Di Larry Charles. Con Sacha Baron Cohen. USA 2012. Comico, 83 min.
Il dittatore del fantomatico stato nordafricano di Wadiya, Hafez Aladeen, famoso per essere dispotico, antisemita e fanatico delle testate nucleari, è invitato a New York al Congresso delle Nazioni Unite. Le alte sfere di Wadiya però architettano alle sue spalle un golpe con l'intenzione di portare la democrazia nello stato, mossa dettata però più da interessi economici che etici. Tagliato fuori e sostituito da un goffo sosia, Aladeen tenta il tutto per tutto per salvare la propria dittatura.
L'istrione Sacha Baron Cohen, diretto come da solito da Larry Charles, si lancia nell'impersonificazione stavolta dell'incubo ricorrente delle democrazie occidentali. Una satira che non risparmia nessuno, dalle dittature di stampo mediorientale al cinismo a stelle e strisce, arrivando fino al contestatore occupy-style degli anni zero. Si ride, in una trama più che lineare, tra battute effettivamente originali e gag pepate, sebbene gli eccessi per Baron Cohen ovviamente non manchino. E finiscano per ricercare un umorismo spinto, troppo volgare, che umorismo non è, se non per qualche teenager ebete. Poi chissà, è d'ammirare in parte il suo non aver peli sulla lingua.

★★★☆☆
3/5


martedì 19 giugno 2012

EYES WIDE SHUT

(Eyes wide shut) Di Stanley Kubrick. Con Nicole Kidman, Tom Cruise. Gran Bretagna 1999. Drammatico, 150 min.

William e Alice sono una coppia perfetta, sposati e con figlia. Una sera, invitati ad una festa, si lasciano rispettivamente andare ad un gioco di seduzione intrapreso da sconosciuti. Alice però si ingelosisce. A fine serata confessa al marito, un tipo pienamente sicuro di sé, che qualche tempo prima aveva provato una forte attrazione per un ufficiale, col quale aveva scambiato solamente qualche sguardo. Le convinzioni di William riguardo Alice sprofondano, come del resto la fiducia nel loro legame sessuale. Tutti dubbi che lo condurranno nientemeno che ad una villa dove una setta pratica rituali orgiastici.
L'ultima fatica di Kubrick prima della morte rimarrà ricordata come il suo rompicapo cinematografico per eccellenza. Un labirinto all'interno della psiche umana, una sbirciatina nel mondo oscuro della sessualità sottocutanea, non sempre facile da decifrare (e digerire, motivo per il quale, quando uscì, a molti fece storcere il naso). Più spaccato sociale nella prima parte, più noir nella seconda, "Eyes wide shut" fa del mistero che sprigiona man mano che il tempo scorre la sua forza trainante. Immagini forti, talvolta vagamente da film del terrore, e l'accompagnamento musicale ipnotizzante suggellano il Gran Guignol delle passioni forti. Dietro famigliole che celebrano il breakfast insieme e feste d'alto bordo, la perversione è un lungo serpente che si muove mimetico nella vita quotidiana, senza risparmiare alcuno. Un lungo serpente il cui morso può risultare fatale: solo i legami più solidi, distinti dal sentimento più genuino, potranno resistergli. Eccellente la Kidman, decente Cruise.

★★★★*☆
4,5/5

venerdì 8 giugno 2012

DUNE

(Dune) Di David Lynch. Con Kyle MacLachlan, Sean Young, Sting. USA 1984. Fantascienza, 132 min.

Il pianeta Dune è ricco di una materia chiamata "spezia" capace di donare poteri straordinari a chi la detiene. La "spezia" è una necessità per il popolo degli Harkonnen, che vogliono dominare l'universo. Ad opporsi al loro piano di sfruttamento ci pensa la casata degli Atreides del pianeta Caladan. Il rampollo della famiglia, Paul, è il messia destinato a guidare verso la salvezza il popolo di Dune, i Fremen.
Possibilmente il peggior film di David Lynch. C'è troppe storie da raccontare, troppi concetti da spiegare, troppi personaggi da introdurre strizzati in queste due ore e 10 minuti, col risultato che la vicenda può essere quantomeno chiara solo a chi effettivamente ha avuto occasione di leggere il romanzo. Vicenda, tra l'altro, non straordinamente originale. Nel trambusto generale, emergono alcune figure stuzzicanti, tipicamente lynchiane (il barone, in primis), e alcune trovate tecnologiche fantasiose. Il tutto si svolge in una costante, sottile aria da sogno. Il protagonista sarebbe stato interpretato meglio da Sylvester Stallone. Una saga in due o tre episodi avrebbe fatto decollare il progetto, così rimane piuttosto un videogame senza controller. Una parte pure per Sting.

★★*☆☆☆
2,5/5

I GIORNI DEL VINO E DELLE ROSE

(Days of wine and roses) Di Blake Edwards. Con Jack Lemmon. USA 1962. Drammatico, 117 min.

Joe ha problemi legati all'abuso di sostanze alcoliche, quando conosce la biondina Kirsten e se ne innamora. Ma non bastano un matrimonio e la nascita della figlia per fargli perdere il vizio, che anzi trasmette pure alla moglie, la quale diviene dipendente. Nonostante gli sforzi per darci un taglio, la coppia finisce col ricadere ogni volta nel vortice della "bumba". Joe, infine, dovrà adottare rimedi estremi.
Cruda ballata sulla dipendenza del bicchiere, che travestita da innocente spasso spinge giù da una discesa infernale i due protagonisti, verso l'autodistruzione, verso la disintegrazione familiare. Comincia senza particolarmente brillare, per poi assestare una dietro l'altra forti fitte al cuore, mediante le strazianti peripezie dei coniugi. Si finisce col fare il tifo per Joe, con l'incitarlo a mollare la "bumba"; ma nel film, come nella realtà, a chiacchere tutto è semplice. Viene così meno pure la certezza del legame affettivo, offuscata dai fumi alcolici.  Edwards intelligente nel rendersi conto che tematiche del genere difficilmente possono lasciar spazio a un lieto fine, e di fatti, sebbene senza condannare, lascia tutto in un desolante bilico, a due passi dal baratro.

★★★★☆
4/5

lunedì 4 giugno 2012

CHINATOWN

(Chinatown) Di Roman Polanski. Con Jack Nicholson, Faye Dunaway. USA 1974. Noir, 131 min.

L'investigatore Gittes viene assunto per far luce su solita vicenda di tradimento coniugale. Quando l'uomo che segue scopre morto in circostanze fosche, si rende conto di essere invischiato in qualcosa di decisamente più grosso. Mentre emerge una storia di corruzione dell'amministrazione losangelina, una morbosa storia familiare si palesa man mano che entra in confidenza con la sua avvenente cliente.
Nel film si fa riferimento a Chinatown come luogo dove la ragione della legge viene distorta a favore di sporchi meccanismi, e logiche, in ragione del vil denaro. Solo alla fine Gittes mette piede in tale zona franca, ma lo spirito di Chinatown ha sovverchaito ormai anche quelle certezze che vigevano al di là dei suoi confini. Da qui, il titolo del film. L'ispirazione è ovviamente Chandler: in Gittes rivive Philip Marlowe, sia per senso di riluttanza che prova nei confronti del suo lavoro, sia per  metodo d'indagine decisamente poco politically correct, sia per tagliente sarcasmo. Ma Polanski non si limita a tracciare le linee di una intricata spy story. Il marcio, il senso di desolazione, sgorga sempre più fuori man mano che l'investigatore si avvicina alla risoluzione del caso. La velata affinità con la femme Dunaway, leggiadra e inquieta, dà un leggero tocco di rosa all'opera, fa supporre un orizzonte felice, dopo tanto navigar nel tormento, ma il tragico epilogo fa tornare coi piedi sulla terra. Non basta una montagna di onestà per battere il vil denaro, ed effimere sono le soddisfazioni per il cuore. Siamo tutti cittadini di Chinatown, sentenzia Polanski.

★★★★*☆
4,5/5

venerdì 1 giugno 2012

I CANCELLI DEL CIELO

(Heaven's gate) Di Michael Cimino. Con Christopher Walken, Isabelle Huppert, Kris Kristofferson, Jeff Bridges. USA 1980. Drammatico, 211 min.

Alla fine del XIX secolo, in una contea degli Stati Uniti i potenti allevatori di bestiame dichiarano guerra ad una modesta comunità di contadini, immigrati dell'Est Europa, accusati di anarchia e rapina. Lo sceriffo Averill, dapprima riluttante, decide di aiutare la propria gente nell'impossibile impresa di sconfiggere il nemico a stelle e striscie. A spingerlo è l'affetto che prova per una prostituta, anch'ella di origini europee, che contende all'amico,traditore, Nate Champion.
Globalmente riconosciuto come il più grande fiasco della storia del cinema, "I cancelli del cielo" è figlio delle bizze di un regista certo talentuoso, ma che come Icaro volle volare troppo in alto. Lo sforzo (per lo più economico, della povera United Artists, in seguito fallita) nella sceneggiatura, nelle scenografie, nella mirabolante fotografia, si perde nel traboccante lago di minuti dell'opera. Dall'andatura terribilmente lenta, e dalla comprensione minata dai colloqui in lingua iper-originale, Cimino pare abbia girato un kolossal per il semplice gusto di riguardarselo in casa, da solo , maledicendo il mondo esterno. Nella seconda fase prende un po' quota, con l'arrivo dell'azione e della cruda drammaticità, ma la battaglia conclusiva è quantomai confusionaria. Cimino riuscì pure a rovinare la carriera al buon Kristofferson. Comunque un'esperienza da provare, se non altro perchè è un piacere per gli occhi. E per i più temerari, c'è la versione originale: più di 5 ore.

★★★☆☆
3/5