domenica 15 gennaio 2012

FITZCARRALDO

(Fitcarraldo) Di Werner Herzog. Con Klaus Kinski, Claudia Cardinale. Germania 1981. Avventura, 150 min.



La storia di Fitzcarraldo e delle sue strampalate idee per farsi ricco nel Sud America dei primi '900, tra ferrovie transandine e fabbriche di produzione di ghiaccio. Tutto ad un solo scopo, tutto per realizzare il suo sogno più grande: costruire un grande teatro dell'Opera in mezzo alla foresta amazzonica. Fitzcarraldo è talmente determinato nei suoi intenti da lanciarsi in una folle avventura col suo battello, alla ricerca di caucciù per misteriose terre verdi, popolate da sanguinari indigeni.
Herzog e Kinski tornano nella parte più buia e profonda del Sud America rincorrendo l'utopia, proprio come in “Aguirre furore di Dio”, qualche anno prima. Ma se nel capolavoro appena citato il regista tedesco partiva da fondate premesse storiche, che infine sfociavano in un incubo, in “Fitzcarraldo” il piglio è più fantasioso, spensierato. E' come se Herzog avesse voluto tornare sui propri passi per rielaborare il vecchio film in modo da far, stavolta, sorridere. Vi riesce perché il personaggio principale, spettacolarmente interpretato dall'istrione Klaus Kinski, è al centro di una centrifuga di esilaranti trovate. Ma non si tratta meramente di umorismo fine a sé stesso. Tutto è teso al delucidare quanto i sogni possano portare lontano, seppur irrealizzabili, e quanto essi possano amalgamare uomini apparentemente tanto distanti. Ancor meglio, forse, si tratta di una genuina dichiarazione d'amore alla musica e alla natura, i quali litigano per contendersi la palma di reale protagonista del film.

★★★★☆
4/5

LA FUGA DI LOGAN

(Logan's run) Di Michael Anderson. Con Michael York, Jenny Agutter. USA 1976. Fantascienza, 120 min.



Nel XXIII secolo la civiltà come oggi la conosciamo non esiste più: annientata da guerre e sovrappopolazione, ciò che rimane della razza umana è una comunità sotterranea, i cui bisogni sono soddisfatti interamente da robot. La regola vuole che coloro che vi appartengono devono abbandonare la città compiuti i trent'anni, a seguito di una misteriosa cerimonia chiamata “carosello”. Non tutti sono però intenzionati ad adempiere all'onere. Logan, sorvegliante del sistema, è chiamato ad indagare riguardo questi ribelli, e a scovare la loro terra promessa, “Santuario”.
Film cult per gli appassionati di sci-fi, dalle seducenti premesse ma dai risvolti altalenanti. Intriga l'idea della setta futuristica, annoia la scialba fuga dell'adepto, infine quasi commuove col raffronto nuovo mondo-vecchio mondo. Pacchiani i costumi, bruttini gli attori, scenografie che ricordano a tratti il palco di un teatro, eppure non ci si sbilancia ad affermare che “La fuga di Logan” abbia avuto un certo influsso sui film di fantascienza posteriori, e che meriti la visione. Il regista, o meglio l'opera al quale si è ispirato, prende evidentemente di mira la società che confida ciecamente nei dogmi religiosi, quali siano legalmente riconosciuti (come il carosello) che banditi (come il santuario). Qualcuno ad Hollywood prima o poi ne farà un remake.

★★★*☆☆
3,5/5

giovedì 12 gennaio 2012

MELANCHOLIA

(Melancholia) Di Lars von Trier. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland. Danimarca, Svezia, Germania, 2011. Drammatico, 130 min.




Un pianeta sconosciuto, Melancholia, fa la sua comparsa nel sistema solare. Secondo gli esperti, la sua traiettoria non dovrebbe costituire un problema per la Terra, sebbene la distanza sia drammaticamente ravvicinata. E' il giorno del suo matrimonio, quando Justine avvista nel cielo il misterioso oggetto celeste. Durante il ricevimento, non riesce a trovare serenità, e il programma va a rotoli, con gran delusione della sorella Claire. Si tratta di profonda incertezza nei riguardi del legame col marito, o di un oscuro presentimento? Gli scienziati hanno fatto bene i calcoli con Melancholia?
L'eclettico, sempre discusso, Lars von Trier, riesuma un genere, quello catastrofico, che mai ha dato contributi di rilievo alla storia del cinema, per avviare una spinosa riflessione sulla psicologia di due sorelle con molto poco in comune, eppure indissolubilmente legate. Justine, la sorella fuori dagli schemi, sembra perdere il senno dopo l'avvistamento di Melancholia. In realtà, come si scopre nella seconda parte in qualche breve battuta, la sua inquietudine sembra dettata dalla ripugnanza che prova verso una società che eppure si sente costretta, letteralmente, a sposare. Il fallimento del suo matrimonio, che le piaccia o no, è il fallimento della sua vita sociale. Se fosse abbastanza forte, come la madre, tirerebbe a dritto, fregandosene del giudizio altrui. Probabilmente non lo è, e rimane schiacciata da tale peso. A liberarla da questa oppressione ci pensa niente di meno che l'Armageddon, che accetta serenamente, come inevitabile fine dei propri dilemmi. Claire invece è la sorella di buon senso, che conduce una vita più che agiata, spensierata, in una sorta di castello circondato da un campo da golf. Ben integrata in quella società che Justine disgusta, pure il suo pianto finale, prima di essere polverizzata, pare iper-razionale. Lars von Trier vuole dirci che al giudizio universale arriveranno pronti coloro che hanno vissuto una vita travagliata e condotta con un briciolo di follia, non di certo personaggi come il marito di Claire, talmente intimorito dalla fine da suicidarsi abbandonando meschinamente moglie e figlio. Le ottime inquadrature, spesso in primo piano, riescono a scovare anche quei sentimenti dove le parole degli attori non arrivano, e in questo soprattutto la Dunst si è superata (tant'è che è stata premiata a Cannes). Più che di sconvolgenti immagini in computer grafica (ad eccezione dell'apertura sperimentale), von Trier si è servito del marcio che abbiamo dentro per turbare il sonno dello spettatore.

★★★★*☆
4,5/5