martedì 29 maggio 2012

QUANDO L'AMORE BRUCIA L'ANIMA

(Walk the line) Di James Mangold. Con Joaquin Phoenix, Reese Witherspoon, Robert Patrick. USA 2005. Biografico, 135 min

Johnny è poco più di un fanciullo quando suo fratello maggiore viene a mancare a causa di un incidente lavorativo. Cresce coltivando sensi di colpa, alimentati dalla diffidenza del padre, e sposa una ragazza che non lo capisce del tutto. Aggiungendo pure gli stenti economici, l'unica cosa che riesce a far sorridere Johnny è la musica. Sebbene dotati di scarse qualità tecniche, lui ed un paio di amici riescono ad ottenere un contratto da parte di una casa discografica facendo esclusivamente leva sul cuore. E' l'inizio della carriera di uno dei più grandi cantanti country, Johnny Cash, e della sua vera storia d'amore, con la cantante June Carter.
La bio-pic di Mangold non smette di coinvolgere un solo secondo nell'arco delle oltre due ore. Amalgamando tematiche inerenti il disagio della Grande Depressione, cuori ribelli, scontri familiari e scorribande rock 'n' roll, il tutto condito fortemente da siparietti musicali condotti impeccabilmente da Phoenix, la vita di Johnny Cash difficilmente poteva essere portata meglio sul grande schermo. Di meglio, probabilmente, c'è solamente un buon libro. Non solo può regalare emozioni a chi già conosce il "man in black" e la sua opera, ma è ottimo anche per chi, per la prima volta, si avvicina alla mitica figura. Si può perdonare l'abbondanza di zucchero, perché anche da spettatori si finisce facilmente con l'amare Reese Witherspoon.

 ★★★★☆
4/5

lunedì 28 maggio 2012

J. EDGAR

(J.Edgar) Di Clint Eastwood. Con Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer. USA 2011. Biografico, 137 min.

Storia di J.Edgar Hoover, capo dell'FBI. Dai primi anni della lotta ai bolscevichi comunisti, a quella ai tremendi gangster dell'età probizionistica, Hoover e il suo bureau hanno dato per quasi 50 anni la caccia ad ogni genere di sovversivo sul suolo degli Stati Uniti. Un personaggio ambizioso, deciso, addirittura spietato, che nasconde però alcuni lati insospettabili, come la sudditanza nei confronti dell'apprensiva madre, e l'attrazione omosessuale per il braccio destro Clyde.
L'Eastwood regista ormai non stupisce più. Ormai il veterano Clint sforna a ritmo annuale prodotti di qualità inserendo semplicemente il pilota automatico, e "J.Edgar" non fa eccezione alla regola. Pure il montaggio e l'utilizzo di certe inquadrature pare abbiano ormai un marchio di riconoscimento. Chi si aspettava però un frenetico film poliziesco, o dalle forti tinte noir, rimarrà deluso. Eastwood si concentra più a scavare nelle viscere del suo protagonista, in modo particolare nella seconda parte, cercando di dimostrare come non esista l'uomo privo di debolezze. Una ricerca condotta un po' troppo lentamente, dove anche la narrazione a due binari temporali non pare essere di grande aiuto. Ci pensa un fantastico Leonardo Di Caprio (la sua migliore interpretazione?) a smuovere un po' le acque quando la staticità trionfa. Il finale riapre la lettura della storia di Hoover in chiave diversa, sebbene s'intenda facilmente che alcuni punti della vita di questo rilevante personaggio pubblico rimarranno per sempre oscuri. Prodotto di qualità, si diceva, ma Eastwood potrebbe presto apparire ridondante.

★★★*☆☆
3,5/5


mercoledì 23 maggio 2012

PREDATOR

(Predator) Di John McTiernan. Con Arnold Schwarzenegger, Carl Weathers. USA 1987. Azione, 107 min.

Un pugno di commandos, a cui capo vi è il corpulento maggiore Dutch, viene spedito in America Centrale per prestare soccorso all'equipaggio di un elicottero in panne in zona "calda". Ben presto Dutch si rende conto di essere stato ingannato: la sua non è una missione di soccorso, ma una vera e propria operazione militare architettata dalla CIA. Peggio ancora, un misterioso guerriero invisibile pare stia pedinando la compagnia con intenzioni non esattamente benevoli.
Capostipite di una successiva serie di spin-off, la fama di "Predator" è dovuta a tensione e fattore sorpresa. L'essenziale trama di film di guerra, pregna di smaciullamenti collettivi buoni con il pop corn, viene genialmente sovvertita dall'entrata in scena di un'entità irrazionale che sconvolge ogni banalità. La durata della pellicola allora comincia a scivolare via, quasi pattinasse sul sudore, sulle lacrime dei protagonisti. Ambientazione, che risulta una minaccia a priori (e qua forse, uno dei motivi del fallimento del sequel), ed effetti speciali, semplici ma sempreverdi a 25 anni di distanza, giocano un ruolo importante. E' vero, non c'è nessun messaggio etico nascosto tra le righe, come cercano di fare i film di fantascienza oggi, ma chi riesce a pensare a tanto col fiato del Predator sul collo? Uno Schwarzy al top della forma fisica fa quel che deve fare, senza meritare Award ma nemmeno sfigurare.

★★★★☆
4/5

lunedì 21 maggio 2012

13 ASSASSINI

(Juusan-nin no shikaku) Di Takashi Miike. Giappone 2010. Avventura, 141 min.

 Shimada è un esperto samurai chiamato ad attuare una congiura allo scopo di eliminare il fratello dello Shogun in carica, un uomo sanguinario che tratta i suoi sudditi al pari di bestie. Shimada raccoglie al suo fianco altri 12 guerrieri. Tra loro e il compimento dell'impresa vi è un vero e proprio esercito pronto a sacrificarsi nell'interesse dell'incolumità del proprio signore.
Takashi Miike, chi segue un po' il cinema nipponico lo saprà, è sinonimo di fiumi di sangue. Anche in "13 Assassini", ovviamente, la violenza la fa da padrona. Al di là di fendenti di spada e teste che rotolano, l'attenzione viene catturata dalla rappresentazione delle solenni tradizioni dell'antica società giapponese. Soprattutto, suggestiona lo scontro titanico tra due modi di intendere l'etica samurai: quella che giura dedizione eterna al signore, indipendentemente dagli atti che egli compia, e quella che è pronta a ribellarsi nel caso in cui i valori essenziali del rispetto della vita vengano compromessi, indipendentemente da chi li calpesti. Miike non rinuncia alla comicità nemmeno nei momenti più drammatici. La carneficina finale è quantomai esagerata, segnala di come"13 assassini" sia fondamentalmente più un film da divertimento che operazione storica seria.

★★★☆☆
3/5

giovedì 10 maggio 2012

BULLET IN THE HEAD

(Die xue jie tou) Di John Woo. Con Tony Leung. Hong Kong 1990. Drammatico, 120 min.

Tre amici abbandonano Hong Kong in cerca di fortuna, o più semplicemente di avventura, e approdano in un Vietnam in piena guerra, con lo scopo di vendere alcuni prodotti al mercato nero. La missione va immediatamente a picco, ma i ragazzi non demordono. La loro sete di denaro li fa scivolare nelle mani dei Viet Cong, dove il loro sadalizio finisce compromesso.
Tutto pare mescolato in un frullatore: si passa da matrimoni a regolamenti di conti, da rivolte di piazza a missioni di contrabbando, da bordelli pieni di puttane a campi di prigionia, da abbracci fraterni e pistolettate in testa. Non a caso, John Woo dovette ridurre di un'ora la durata della sua fatica. Ancor più assurdo il fatto che tre ragazzini di Hong Kong diventino esperti killer appena annusino l'aria del Vietnam. Eppure sarebbe un errore stroncarlo del tutto. Perché Woo è senza peli sulla lingua, e fa del crudo lo specchio per lo schifo che sta a giro per il mondo. Come ne "Il cacciatore", la guerra del Vietnam è un uragano che sconvolge relazioni interpersonali, prima strette, ora molli. Nel mare monstrum di drammi, l'apice è probabilmente il serrato scontro finale. Chissà, in versione integrale sarebbe stato qualcosa di memorabile.

★★★☆☆
3/5

WARRIOR

(Warrior) Di Gavin O’Connor. Con Joel Edgerton, Tom Hardy, Nick Nolte. USA 2011. Drammatico, 131 min.

Tommy e Brendan, fratelli, non si vedono da anni. La loro famiglia si è disgregata a causa del temperamento irascibile del padre alcolizzato, un tempo abile preparatore nel mondo degli sport di combattimento. A distanza di anni, le loro strade tornano ad incrociarsi nel più cruento dei modi: entrambi cercano riscatto, Brendan dal lato economico, Tommy dai fantasmi che ha in testa, in un torneo di arti marziali miste, cui vi partecipano i gotha mondiali della disciplina.
I film sulla boxe, o su altre discipline ad essa affiancabili, proprio non riescono a scindere il binomio violenza sul ring-disagio sociale. Fondamentalmente, giusto così che sia. O'Connor, in questo suo "Rocky" in salsa lotta libera, è bravo a scovare tra drammi umani vecchi come l'uomo (l'alcolismo) e nuove tragedie (la crisi economica, la guerra in Iraq). Questa base fa da preludio a sessioni di training, dimostrazioni muscolari, scontri sanguinosi tra le corde (diretti con eccellenti inquadrature) che per alcuni non costituiranno una gran novità dopo cento anno di cinema, ma è inoltre il punto di partenza, cosa ben più importante, del toccante, complesso rapporto triangolare padre-figlio maggiore-figlio minore. Se il lieto fine è quasi un obbligo, O'Connor lascia qualche ombra che impone l'angolo buio al personaggio intepretato dal bravo Nolte: in un mondo non rose e fiori, dove fratello incrocia la spada con fratello, non è ammessa una second chance per chi si è macchiato di abietti crimini in passato. Nemmeno chiedendo pietà in ginocchio.

★★★★☆
4/5

sabato 5 maggio 2012

TRE PASSI NEL DELIRIO

(Histoires Extraordinaires) Di Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini. Con Brigitte Bardot, Jane Fonda, Alain Delon, Terence Stamp. Italia, Francia, 1968. Horror, 120 min.

Tre vicende ispirate ai “Racconti straordinari” di E.A.Poe. Nella prima, una giovane, perversa feudataria perde la testa per il posato cugino. Rifiutata, brama contro di lui. Nella seconda storia, un ufficiale confessa ad un prete l'assassinio di un uomo uguale a lui in tutto e per tutto, sia per nome che per tratti somatici, che lo perseguita fin dall'età fanciullesca. Nell'ultimo, un attore inglese dalla vita sregolata giunge a Roma per prendere atto ad un fantomatico “western-cattolico”, attratto solo dalla possibilità di poter mettere le proprie mani su una Ferrari.
Tre celebri registi uniscono le forze nella non facile impresa di trasporre su celluloide alcuni racconti di Poe, cui tema principale è la scesa nei reami della follia della mente umana. Il primo episodio, di Vadim, dedicato alla capricciosa Frederika, è certamente il più debole. Raffigurare orgie e lussuriosi sfarzi che sbattono contro un amore a prima vista non è sufficientemente convincente per fondare la profonda crisi mentale. Il meglio si vede invece nella vicenda di William Wilson, diretta da Malle: avvince la perfidia più “genuina”, sfidata e sempre sconfitta dal misterioso clone del protagonista. L'intensità dello scontro tra le due antitesi fa rimpiangere che il tutto si risolva in poco più di mezz'ora. L'ultima parte sull'attore Dammit, girata da Fellini, è una lettura personale della pazzia, suggellata da fasi oniriche sibilline che esaltano le doti del regista. Rilevante è il modo in cui viene raffigurata l'”italianità” agli occhi di un english man. In summa, la pellicola mette sul palco le più ombrose bizze della razza umana, peccati biblici che vengono scontati con una pena a due teste: la perdita della ragione e la morte. Carrellata di attori degna dell'abilità dei registi, con uno Stamp superlativo.

★★★*☆☆
3,5/5

martedì 1 maggio 2012

IL GLADIATORE

(Gladiator) Di Ridley Scott. Con Russell Crowe, Joaquin Phoenix. USA 2000. Avventura, storico, 145 min.
Massimo Decimo Meridio, intrepido generale dell'esercito romano, conduce la sua ultima campagna militare in modo vittorioso, in terra straniera. L'imperatore Marco Aurelio, ormai vecchio, è prossimo ad abdicare: la sua intenzione è quella di affidare il potere nelle mani del Parlamento, piuttosto che in quelle dell'inadeguato figlio Commodo. Ma quest'ultimo, una volta al corrente di ciò, assassina il padre e si autoproclama nuovo imperatore. Geloso del prestigio di Massimo, Commodo cerca di toglierlo di scena ordinando ai suoi soldati di giustiziarlo e di eliminarne moglie e figlio. Massimo riesce a sottrarsi all'esecuzione e, da schiavo, rinasce gladiatore. Dal basso scalino sul quale poggia, cerca una furiosa vendetta nei confronti di colui che poggia su quello più alto. Riscrivendo il corso dell'antica Roma in modo assai chimerico, un po' vergognoso pure agli occhi di un modesto studente di storia, Scott fa girare a mille il motore de “Il Gladiatore” riversandovi epicità (a fiumi) ed enfasi dei due personaggi principali. Una vicenda di vendetta che di per sé ha poco di particolare, proposta e riproposta chissà in quante occasioni. La cruenza e l'adrenalina degli scontri, sia fuori che dentro l'arena, e l'impressionante sforzo nella ricostruzione dei costumi del mondo antico (non senza incongruenze, c'è da dirlo), fanno presto tralasciare il difetto. La presenza di un personaggio come Commodo, dalla psicologia perversa levigata da una cronica assenza di affetto, e che si risolve nell'attrazione incestuosa verso la sorella e nel bisogno di sentire la folla proclamare il proprio nome, certifica di come non siamo di fronte ad un film meramente fondato da spade e da sangue. Crowe con l'interpretazione di Massimo ha ottenuto celebrità ed un Oscar, e ha poi proseguito scimmiottando personaggi di simile carisma (in maniera sempre abbastanza brillante, c'è da dirlo). Per Phoenix niente statuetta, forse a causa di un personaggio troppo fastidioso, sebbene la sua recitazione non abbia nulla da invidiare a quella di Crowe, anzi in certe circostanze gli è superiore.

★★★★☆
 4/5