lunedì 26 dicembre 2011

QUEL TRENO PER YUMA

(3:10 to Yuma) Di James Mangold. Con Russell Crowe, Christian Bale. USA 2007. Western, 117 min.




Un contadino zoppo e sul lastrico, eroe della Guerra di Secessione, accetta di scortare il fuorilegge Ben Wade verso il treno che lo condurrà poi a Yuma, dove sconterà la condanna per i suoi crimini. Durante il viaggio, reso arduo dagli assalti della compagnia di Wade, contadino e fuorilegge scoprono di non essere poi così distanti.
Remake di un film del '57, abbonda di pompose forzature tese ad esaltare le virtù, l'eroicità dell'uomo della prateria dimenticato, e il presunto cuore buono che si cela sotto la scorza dura di un pericoloso bandito. Il rapporto tra i due protagonisti prende una piega da "sindrome di Stoccolma" quantomai improbabile. Eppure non si può negare che Mangold abbia diretto un'opera intensa, capace di far battere forte il cuore. Più che le violente sparatorie, reali protagoniste del film sono la produzione e la fotografia. Ottimo Crowe nella parte del villain, un po' più debole il comunque capace Bale.

★★★☆☆
3/5

martedì 20 dicembre 2011

PALLOTTOLE SU BROADWAY

(Bullets over Broadway) Di Woody Allen. Con Dianne Wiest, John Cusack, Chazz Palminteri. USA 1994. Commedia, 100 min.



Commediografo esordiente scende a compromessi con la mafia per sfondare a Broadway: in cambio dei finanziamenti, dovrà dare una parte di rilievo alla donzella del boss. La ragazza si dimostra però inetta, e le prove fanno preludere ad un fiasco colossale. Ci pensa nientemeno che un sicario del mafioso, improvvisamente innamoratosi di teatro, a risolvere le noie.
Ibrido tra commediola e gangster-story, cui obiettivo è farsi beffa del teatro con la "T" maiuscola, forse si perde in troppe tresche amorose affrontate con spirito leggero. Il tocco di Allen si sente pochino, e le sue piacevoli divagazioni dallo spirito scanzonato fanno comparsa di rado. In effetti, ci si ricorda quasi di aver visto un film di Allen solo nella gag finale. Semmai è un piacere veder recitare Chazz Palminteri, semi-sconosciuto attore che avrebbe meritato qualche riflettore puntato in più nel mondo del cinema, e la stagionata ma fascinosa Wiest.

★★★☆☆
3/5

martedì 6 dicembre 2011

I SENZA NOME

(Le cercle rouge) Di Jean-Pierre Melville. Con Gian Maria Volonté, Alain Delon. Francia 1970. Criminale, 109 min.



Un poco raccomandabile trio, composto da un avanzo di galera, un ricercato dalle autorità ed un ex-poliziotto schiavo dell'alcol, unisce le forze per tentare una memorabile rapina ad una gioielleria. Sulle loro tracce vi è però un commissario senza fronzoli, pronto a non guardare in faccia a nessuno pur di perseguire chi infrange la legge.
Melville riesce a dar vita a stimolanti noir polizieschi facendo sporadico ricorso alla violenza e all'azione (al contrario di quanto accade oggi, dove lo scorrere di sangue è di norma), puntando tutto sull'atmosfera. Melville è il maestro dell'atmosfera. Ce lo dimostra ne "I senza nome", meticoloso quanto realistico, fino alla fine, romanzo criminale, dominato da persistenti inquadrature cui sottofondo musicale sono meri effetti sonori, e la parola è rara, versata con spinosa saggezza. Il risultato rende, sebbene indubbiamente non si digerisca con facilità. I rapinatori non hanno altra scelta che intraprendere la strada del male per garantirsi una vita quantomeno decente, il poliziotto non ha altra scelta che intraprendere il medesimo percorso se vuole riuscire nel suo dovere: nessuno può esimersi dal bagno di fango. Delon non sbaffa mai, ben più di qualche gradino al di sopra dei colleghi per recitazione.

★★★★☆
4/5

lunedì 5 dicembre 2011

TUTTO SU MIA MADRE

(Todo sobre mi madre) Di Pedro Almodóvar. Con Penelope Cruz, Marisa Paredes. Spagna 1999. Drammatico, 105 min.



Sconvolta per la morte prematura del figlio diciassettenne, Marisa intraprende un viaggio da Madrid a Barcellona, alla ricerca del padre di lui, divenuto nel frattempo un travestito di nome Lola. A Barcellona rincontra una vecchia amica, Agrado, altro travestito, e fa la conoscenza dell'attrice che ha causato inconsapevolmente l'incidente mortale del figlio, e di una giovane suora incinta proprio di Lola.
Del più famoso dei film di Pedro Almodóvar si apprezza maggiormente il modo in cui drammi intimamente personali, drammi che spesso parlano di emarginazione socio-culturale, si mischino ad una ironia sboccata, leggera, che non teme confronti con il buon costume. Nonostante colori il suo film di figure borderline, se così si possono definire, Almodóvar vuole comporre un inno alla donna e alla sua sensibilità. Non a caso, "Tutto su mia madre" parla un linguaggio esclusivamente a tinte rosa. Butta forse troppa carne al fuoco nella seconda parte, quando architetta più di una situazione al limite del paradosso, sempre giocando con l'ambiguità, risultando fantasioso oltre il dovuto per le pretese più importanti della pellicola.

★★★*☆☆
3,5/5