giovedì 13 maggio 2010

VENDICAMI

Da Parigi con furore

Regia di Johnnie To. Con Johnny Hallyday, Sylvie Testud, Anthony Wong Chau-Sang
Azione, 108 min. - Hong Kong, Francia 2009




“Cuoco? Cuoco un cazzo!”

Honk Kong. Una famiglia, composta da un cinese, una francese e due bambini, rimane vittima di uno spietato agguato tra le mura domestiche, ad opera di alcuni misteriosi sicari. L'unica a farla franca è la donna, nonostante in drammatiche condizioni. Al padre arrivato dalla Francia, Francis Costello (Johhny Hallyday), chiede una sola cosa: far vendetta. Costello assolda allora tre criminali, al fine di scovare gli assassini. A questi si presenta come un cuoco di Parigi, ma presto emerge la sua reale identità: infatti, Costello, è un ex-poliziotto afflitto da un handicap mnemonico.

Johnnie To, maestro del cinema noir del Sol Levante, sceglie la vendetta (il titolo del film è del resto eloquente...) come tema trainante di questa sua ultima fatica. Parte col botto, stordendoci con un paio di contrasti forti: un mare di sangue che si sparge in un appartamentino pulito e ben arredato, le luci artificiali di Macao che penetrano il buio, ambientale e morale, nel quale Costello brancola. Superato l'iniziale shock, però, la direzione intrapresa da 'Vendicami' non può essere più scontata ed essenziale. Un percorso senza buche e senza ostacoli, fra i luoghi comuni del gangster-movie, verso una certamente non impensabile conclusione: siamo anni luce dalle rivincite orientali del labirintico 'Oldboy', di Park Chan-wook. To avrebbe nella manica anche la carta della memoria evanescente di Costello, peccato che tale elemento finisca per giocare un ruolo analogo poco più a quello della sua cravatta; salvo poi esser rimesso in gioco, con una certa dignità, nello scontro finale. La citazione al 'Memento' di Nolan è palese (con tanto di macchina fotografica Polaroid); l'esito poco pepato. Cosa rimane, di questo 'Vendicami'? Di sicuro, quelle tre, brillanti, scene d'azione (su tutte, un'adrenalinico scontro a fuoco al bagliore di luna), dove To manifesta finalmente un certo talento, e l'interpretazione del rocker francese Johnny Hallyday, che per quanto asciutta, calza a pennello alla figura di un fascinoso protagonista, dal volto solcato dal tempo e dagli occhi di ghiaccio. Tutto troppo poco, però, per far di questo film qualcosa di memorabile.

VOTO:6

martedì 11 maggio 2010

Uscite 07/05



In uscita questa settimana il chiaccherato docu-film della Guzzanti sulle vicende di L'Aquila, in concorso al festival di Cannes, e che il nostro Ministro dei Beni Culturali ha già dichiarato di non voler vedere...

.Aiuto vampiro
.Christine Cristina
.Dear John
.Due vite per caso
.Draquila - L'italia che trema
.Fratelli d'Italia
.Notte folle a Manhattan
.Puzzole alla riscossa
.Le ultime 56 ore

giovedì 6 maggio 2010

DEPARTURES

Death in Japan

Regia di Yojiro Takita. Con Masahiro Motoki, Ryoko Hirosue, Tsutomu Yamazaki.Drammatico,130 min. - Giappone 2008




“Con la morte non finisce niente. E' un cancello che si deve attraversare, per proseguire il viaggio...”

I sogni del giovane violoncellista Daigo (Motoki Masahiro) finiscono in mille pezzi, il giorno in cui la sua orchestra viene sciolta per mancanza di seguito. Rimasto disoccupato, decide di lasciare Tokio e trasferirsi nella suo piccolo paese natale, nei pressi di Yagamata, accompagnato dalla dolce moglie Mika (Hirosue Ryoko). Messosi subito alla ricerca di un nuovo lavoro, s'imbatte in un annuncio di un'agenzia che si occupa di “viaggi”. Quando però affronta il colloquio davanti al gelido Sasaki (Yamazaki Tsutomu), si rende conto che i “viaggi” non hanno nulla a che fare con spiagge caraibiche o città d'arte, bensì che l'agenzia in questione si occupa della cura estetica dei defunti prima della cremazione: il rito giapponese del nokanshi. Sebben con non poca incertezza , decide di divenire assistente di Sasaki. Si lascia così, pian piano, affascinare da questa raffinata arte, che però rischierà di lasciarlo isolato, abbandonato dai vecchi amici e da Mika, che vedono di mal occhio la nuova professione di Daigo.

Il giapponese Yojiro Takita si è aggiudicato quest'anno, un po' a sorpresa, l'Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera, grazie appunto a questo 'Departures'. Opera che gira attorno ad un nucleo tematico importante, generalmente poco trattato dalla stragrande maggioranza della produzione cinematografica, probabilmente per l'essere mal affrontabile e poco appetibile alle platee (al di fuori dell'ottica horror): il trapasso. Takita ci immerge in un mondo nuovo per noi occidentali; in Giappone, la pratica del nokanshi, del 'trucco' del morto, al fine di renderlo presentabile per il definitivo commiato ai cari, è assai diffusa. La fine del sogno di Daigo e della realizzazione dei suoi limiti artistici, fanno raccordo con la scoperta di un nuovo talento del protagonista, paradossalmente legato alla fine della vita. E' su questo ponte, che il regista gioca ad intrecciare le vicende dell'ex-violoncellista. Ma al di la' delle curate scene dei riti, contraddistinte dalle armoniose movenze dei celebranti, reminiscenti in qualche modo le forme del Tai-Chi, di un montaggio curato e 'orientale', e della prova di sicuro fascino di Tsutomu nei panni del capo Sasaki, il film, dopo la prima ora, comincia a trascinarsi male alla conclusione, per colpa di una trama priva di reali momenti d'interesse. Takita tenta di combattere la noia con una direzione effettivamente poetica, aiutato anche da una colonna sonora 'classica' e drammatica, ma in fin dei conti, anche quando arriva al sodo, ovvero sul pronunciarsi su questo famoso nucleo tematico prima accennato, lo fa in modo vago, e ricorrendo ad un filosofeggiare da 50 lire (vedi la morale del vecchietto del forno crematorio). Come elementi per la crescita interiore di Daigo, rimane più impresso quel rapporto con il capo Sasaki, maggiormente curato della essenziale love-story con la moglie e quella figura del padre che lo ha abbandonato da piccolo, un po' fine a sé stessa. Alla fine, Takita ha trionfato davanti all'Academy più per il coraggio di andare a toccare una tematica oscura con disinvoltura (e pure con un pizzico di humour macabro), che per altro.

VOTO: 6,5