giovedì 12 gennaio 2012

MELANCHOLIA

(Melancholia) Di Lars von Trier. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland. Danimarca, Svezia, Germania, 2011. Drammatico, 130 min.




Un pianeta sconosciuto, Melancholia, fa la sua comparsa nel sistema solare. Secondo gli esperti, la sua traiettoria non dovrebbe costituire un problema per la Terra, sebbene la distanza sia drammaticamente ravvicinata. E' il giorno del suo matrimonio, quando Justine avvista nel cielo il misterioso oggetto celeste. Durante il ricevimento, non riesce a trovare serenità, e il programma va a rotoli, con gran delusione della sorella Claire. Si tratta di profonda incertezza nei riguardi del legame col marito, o di un oscuro presentimento? Gli scienziati hanno fatto bene i calcoli con Melancholia?
L'eclettico, sempre discusso, Lars von Trier, riesuma un genere, quello catastrofico, che mai ha dato contributi di rilievo alla storia del cinema, per avviare una spinosa riflessione sulla psicologia di due sorelle con molto poco in comune, eppure indissolubilmente legate. Justine, la sorella fuori dagli schemi, sembra perdere il senno dopo l'avvistamento di Melancholia. In realtà, come si scopre nella seconda parte in qualche breve battuta, la sua inquietudine sembra dettata dalla ripugnanza che prova verso una società che eppure si sente costretta, letteralmente, a sposare. Il fallimento del suo matrimonio, che le piaccia o no, è il fallimento della sua vita sociale. Se fosse abbastanza forte, come la madre, tirerebbe a dritto, fregandosene del giudizio altrui. Probabilmente non lo è, e rimane schiacciata da tale peso. A liberarla da questa oppressione ci pensa niente di meno che l'Armageddon, che accetta serenamente, come inevitabile fine dei propri dilemmi. Claire invece è la sorella di buon senso, che conduce una vita più che agiata, spensierata, in una sorta di castello circondato da un campo da golf. Ben integrata in quella società che Justine disgusta, pure il suo pianto finale, prima di essere polverizzata, pare iper-razionale. Lars von Trier vuole dirci che al giudizio universale arriveranno pronti coloro che hanno vissuto una vita travagliata e condotta con un briciolo di follia, non di certo personaggi come il marito di Claire, talmente intimorito dalla fine da suicidarsi abbandonando meschinamente moglie e figlio. Le ottime inquadrature, spesso in primo piano, riescono a scovare anche quei sentimenti dove le parole degli attori non arrivano, e in questo soprattutto la Dunst si è superata (tant'è che è stata premiata a Cannes). Più che di sconvolgenti immagini in computer grafica (ad eccezione dell'apertura sperimentale), von Trier si è servito del marcio che abbiamo dentro per turbare il sonno dello spettatore.

★★★★*☆
4,5/5

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