(Logan's run) Di Michael Anderson. Con Michael York, Jenny Agutter. USA 1976. Fantascienza, 120 min.
Nel XXIII secolo la civiltà come oggi la conosciamo non esiste più: annientata da guerre e sovrappopolazione, ciò che rimane della razza umana è una comunità sotterranea, i cui bisogni sono soddisfatti interamente da robot. La regola vuole che coloro che vi appartengono devono abbandonare la città compiuti i trent'anni, a seguito di una misteriosa cerimonia chiamata “carosello”. Non tutti sono però intenzionati ad adempiere all'onere. Logan, sorvegliante del sistema, è chiamato ad indagare riguardo questi ribelli, e a scovare la loro terra promessa, “Santuario”.
Film cult per gli appassionati di sci-fi, dalle seducenti premesse ma dai risvolti altalenanti. Intriga l'idea della setta futuristica, annoia la scialba fuga dell'adepto, infine quasi commuove col raffronto nuovo mondo-vecchio mondo. Pacchiani i costumi, bruttini gli attori, scenografie che ricordano a tratti il palco di un teatro, eppure non ci si sbilancia ad affermare che “La fuga di Logan” abbia avuto un certo influsso sui film di fantascienza posteriori, e che meriti la visione. Il regista, o meglio l'opera al quale si è ispirato, prende evidentemente di mira la società che confida ciecamente nei dogmi religiosi, quali siano legalmente riconosciuti (come il carosello) che banditi (come il santuario). Qualcuno ad Hollywood prima o poi ne farà un remake.
★★★*☆☆
3,5/5
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